Se la cura educativa è mossa dall'interessamento per l'altro, a promuovere il suo benessere, è ora di far cadere tutte le richieste, obbligatorie, a maestre ed educatrici " state in sezione perché fuori si ammala" oppure " Tira vento, mio figlio non deve uscire ". Sono falsi miti.
A parte il fatto che stare chiusi in casa, o in una stanza , tipo sezione, andar bene con 20 amichetti, non è proprio salutare e ora più che mai le regole per convivere con gli altri ce lo dimostrano, che giocare all'aria aperta anche in inverno è un piacere che i bambini possono continuare a vivere per ridurre le possibilità di finire infettati da germi.
Nella mia infanzia era normale giocare fuori, inventarne di nuovi per i nostri amici, fare circuiti con la terra, giocare a carampana, o passeggiare per prati e boschi.
Poi improvvisamente, le abitudini sono cambiate come le proposte educative, o scordate. Improvvisamente ecco che la natura riprende il suo posto , anche nella scuola.
Outdoor education è il nome indicato, per la metodologia utilizzata e la filosofia che la mette in pratica. E' ritornare a "giochiamo e stiamo all'aperto".
Stare in giardino, vivere sui prati aiuta la capacità di socializzare, migliora l'iniziativa personale e la curiosità, utilizzando tutti 5 i sensi.
E' una forma di relazione diretta con la realtà fondamentale per lo sviluppo cognitivo.
Un detto svedese dice "...non c'è brutto tempo, ma vestiti non adatti...". Lavorare all'esterno con il sole, pioggia, neve, saltare nelle pozzanghere, sporcarsi con il fango, richiede un equipaggiamento adatto, vuole dire tempo per prepararsi e tempo per rientrare e pulirsi, ma ne vale la pena.
"Egli vuole toccare tutto, maneggiare tutto, non opponetevi a questa inquietudine: gli suggerisce un
tirocinio molto necessario. È così che egli impara a sentire il calore, il freddo, la durezza, la mollezza, il
peso, la leggerezza dei corpi, a giudicare dalla loro grandezza, dalla loro forma e di tutte le altre loro qualità
sensibili, guardando, palpeggiando, ascoltando e soprattutto confrontando la vista con il tatto e valutando a
occhio la sensazione che produrranno sotto le sue dita. (Rousseau, 1762, cit. Oliverio, Oliverio Ferraris,
2011)
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