" Mio figlio è bullizzato, perché alcuni suo compagni gli dicono spostati, va via, non voglio giocare con te" , analisi di una famiglia di un bimbo della scuola dell'infanzia.
Ormai il termine BULLISMO è utilizzato in modo incessante e semplicistico, per spiegare qualsiasi comportamento aggressivo o trasgressivo.
Sempre più famiglie, anche al nido e alla scuola dell'infanzia, accorrono per difendere e proteggere il loro bambino, rischiando di mettere in crisi un percorso educativo che tiene conto di tutti gli aspetti della vita, anche il CONFLITTO.
Il conflitto in sé non è dannoso, deleterio è non gestirlo.
Quando le maestre tentano di spiegare l'accaduto, è sempre molto difficile presentare il prima, il dopo e soprattutto il fatto che dopo 10 minuti i bambini giocano e si divertono insieme, come se non fosse successo nulla.
I motivi scatenanti del conflitto tra pari all'infanzia, scatta per la difficoltà di condivisione del materiale, dello spazio, o per contatto fisico per un gioco. Le reazioni sono verbali o fisiche.
Già fino ai 5 -6 anni c'è un cammino di crescita sull'autoregolazione emotiva, che chiaramente non è completo, soprattutto con i maschietti.
Eppure tutto ciò è una palestra, perché aiuta i bambini a strutturare nuovi schemi mentali, nuove competenze affettive e relazionali.
L'educatore diventa, in queste situazioni, un mediatore in ascolto, che non colpevolizza la persona, e non lascia neanche correre. Dopo l'intervento immediato, quando i bambini non arrivano ad una soluzione accettabile, l'adulto crea un punto d'incontro, dove l'ascolto di entrambi i protagonisti, e il racconto delle emozioni sono fondamentali. Va creato un ponte. La negoziazione e l'ascolto attivo aiutano il bambino a "conoscere" le proprie emozioni.
Poi si passa all'accordo senza vinti e vincitori, ma stabilendo come procedere. Chi rinuncia a qualcosa non è il più debole, ma anzi è colui che ha competenze e risorse interiori che l'altro non ha ancora raggiunto.
"La paura dell’adulto è che i bambini non siano in grado di agire da soli quando sono in una situazione di contrasto. Così si legittima un interventismo piuttosto coercitivo che implica la necessità di dire ai bambini ciò che devono fare. «Basta!», «Smettetela!», «Giocate senza litigare», «Fate la pace». L’inefficacia di questo tipo di intervento, per quanto animato da equità e parvenza di imparzialità, è data dal fatto che una soluzione imposta non rappresenta ovviamente un livello adeguato di compenetrazione relazionale tra i bambini." Daniele Novara-Litigare bene