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venerdì 26 febbraio 2021

 " Mio figlio è bullizzato,  perché alcuni suo compagni gli dicono spostati, va via, non voglio giocare con te" , analisi di una famiglia di un bimbo della scuola dell'infanzia.

 Ormai il termine BULLISMO è utilizzato  in modo incessante e semplicistico, per spiegare qualsiasi comportamento aggressivo o trasgressivo.

 Sempre più famiglie, anche al nido e alla scuola dell'infanzia, accorrono per difendere  e proteggere il loro bambino, rischiando di mettere in crisi un percorso educativo che  tiene conto di tutti gli aspetti della vita, anche il CONFLITTO.

Il conflitto in sé non è dannoso, deleterio è non gestirlo.

Quando le maestre tentano di spiegare l'accaduto, è sempre molto difficile presentare il prima, il dopo e soprattutto il fatto che dopo 10 minuti i bambini giocano e si divertono insieme, come se non fosse successo nulla.

 I motivi scatenanti del conflitto tra pari all'infanzia, scatta per la difficoltà di condivisione del materiale, dello spazio, o per contatto fisico per un gioco. Le reazioni sono verbali o fisiche.

 Già fino ai 5 -6 anni c'è un cammino di crescita sull'autoregolazione emotiva, che chiaramente non è completo, soprattutto con i maschietti.

Eppure tutto ciò è una palestra, perché aiuta i bambini a strutturare nuovi schemi mentali, nuove competenze affettive e relazionali.

L'educatore diventa, in queste situazioni, un mediatore in ascolto, che non colpevolizza la persona, e non lascia neanche correre. Dopo l'intervento immediato, quando i bambini non arrivano ad una soluzione accettabile, l'adulto crea un punto d'incontro, dove l'ascolto di entrambi i protagonisti, e il racconto delle emozioni sono fondamentali. Va creato un ponte. La negoziazione e l'ascolto attivo aiutano il bambino a "conoscere" le proprie emozioni. 

Poi si passa all'accordo senza vinti e vincitori, ma stabilendo come procedere. Chi rinuncia a qualcosa non è il più debole, ma anzi è colui che ha competenze e risorse interiori che l'altro non ha ancora raggiunto.

"La paura dell’adulto è che i bambini non siano in grado di agire da soli quando sono in una situazione di contrasto. Così si legittima un interventismo piuttosto coercitivo che implica la necessità di dire ai bambini ciò che devono fare. «Basta!», «Smettetela!», «Giocate senza litigare», «Fate la pace». L’inefficacia di questo tipo di intervento, per quanto animato da equità e parvenza di imparzialità, è data dal fatto che una soluzione imposta non rappresenta ovviamente un livello adeguato di compenetrazione relazionale tra i bambini." Daniele Novara-Litigare bene


venerdì 19 febbraio 2021


" Basta , mio figlio non deve più stare vicino ad Antonio e Cristina" 
E' davvero difficile comprendere genitori che si inseriscono nella vita della scuola, nella vita di un gruppo, con queste richieste.
 In particolare quando i bambini ne subiscono i pensieri e le malignità anche quando non ci sono.
 Già questo fa pensare ad un genitore che si sostituisce al figlio, parla e decide a nome suo. 
Le scoperte di un bambino, i suoi apprendimenti, le sue relazioni, le sue discussioni e capricci, fanno parte del cammino di crescita, con tutto il gruppo in cui è inserito e dove le maestre o le educatrici sono le registe attente del percorso, pronte ad intervenire, solo se necessario.
Questo vale anche per le tutte le esperienze a casa, al nido o a scuola.

 "Tutte le volte che facciamo una cosa che il bambino può fare da solo,

gli rubiamo un pezzo di vita" scrisse Jean Piaget psicologo infantile e pedagogista svizzero.

Un bimbo, fin dalla nascita, fa le sue scoperte e le sue esperienze.
Certo, importanti sono le stimolazioni, ma "VIETATO" sostituirsi alle scoperte o alle prove.
Un aspetto da evitare quando si propone un'attività o un esperimento, è quello di spiegare continuamente la cosa e  finire dicendo " aspetta che ti  faccio vedere io come si fa",  come se questo ci facesse sentire importanti  e fondamentali davanti agli occhi del bambino.
Non è pensabile proteggerli da tutti i rischi, i bambini hanno necessità di affrontare esperienze ed avventure alla ricerca di autonomia, per consolidare capacità e competenze.
Avendo avuto esperienze, come educatore, con varie fasce d'età, è incredibile notare come spesso i "lavoretti" e in seguito i compiti, sono splendidi, ordinati, rispettosi degli spazi al nido,  lo sono un pò meno all'infanzia ,e alle "medie" sono spesso un disastro.
Un bambino, soprattutto da piccolo, DEVE PROVARE A FARE DA SOLO, sbagliare da solo e riprovare. Di questo la Montessori era una pioniera: l'autocorrezione, provare e riprovare.
Ricordo mio figlio, a 5/6 anni, mentre provava ad andare in bici: sarà caduto e si sarà rialzato almeno 30 volte in 1  ora.
Alla fine ci è riuscito...ed era felicissimo.

"L'ESPERIENZA PRECEDE LA COMPRENSIONE " J.Piaget

venerdì 12 febbraio 2021

 ore 7,40.....urla, strilli, pianto....l'eco della tromba delle scale che amplifica i suoni.

Non è un thriller, ma un bambino di 4 anni che, in braccio al babbo, strepita perché non vuole staccarsi dal cellulare, per entrare in sezione alla scuola dell'infanzia, vuole continuare a guardare cartoni, filmati, violenti e non. Così dalle 6,30, ci dicono.

Tranquillamente il babbo risponde" dai non fare così, quando torni a casa puoi riiniziare a guardarli".

Stesso giorno, ma al pomeriggio. Ore 16,45 , traffico intenso. Una auto accosta ai bordi della strada. Il babbo scende e dal sedile dietro prende un bimbo di 3-4 anni con tanto di sguardo calamitato sul cellulare . Lo piazza accanto all'auto, risale per mettere le 4 frecce, mentre il bambino rimane immobile vicino all'auto con lo sguardo rapito da filmati del cellullare e le auto continuano a sfrecciare.

E vogliamo nominare i bimbi nel passeggino con il cellulare in mano.....

Che i bambini sono molto attratti dalla tecnologia è un dato di fatto ( nativi digitali)

Ma perché sono così attratti? Non sono uno scienziato, ma i pediatri ci dicono, da tempo,  che davanti a gratificazioni, come anche visionare un video pieno di movimento e colori,  il cervello produce dopamina, che genera sensazioni di piacere, di gratificazione nel bambino, che cercherà di mantenere a lungo  e la ricercherà nel futuro.

Passare alla dipendenza è un attimo.

Come adulti, genitori, educatori, fondamentale è trovare un equilibrio sui tempi  e modi di utilizzo della tecnologia, soprattutto con bimbi così piccoli....e non solo.

Sedentarietà, obesità, poco sonno, avere tutto e subito ....basta un click, per non parlare di contenuti violenti che possono portare a problemi comportamentali. Ma soprattutto difficoltà relazionali e nel linguaggio, favorendo la dimensione solitaria.

Va usato il buon senso, come in tutte le cose, anche nell'educativo.

Scegliere quali video e immagini, stare accanto soprattutto ai bimbi piccoli, stabilire e rispettare i tempi. Non utilizzare le modalità tecnologiche, durante i pasti , in camera da letto. Distinguere tra gioco, attività all'aperto con altri bimbi,  che deve essere presente in maggiore quantità rispetto al tempo dedicato al cellulare o computer. Non utilizzare gli strumenti per calmare... se non raramente, anche perché  diventa difficile  la gestione delle emozioni. 

Poi trovare altri materiali , giochi per dare modo al bimbo di trastullarsi, curiosare,( libri, pasta di pane, pongo, colori). senza demonizzare le tecnologie, va anche detto che anche gli adulti dovrebbero, davanti ai bambini, dare il buon esempio , limitandone l'uso. 

Ricordiamo che essere rassicuranti e irremovibili, ma calmi, davanti ad un capriccio è la metodologia , sicuramente più faticosa, ma necessaria per non farsi travolgere, dando possibilità al bimbo di sfogarsi e cercando di tranquillizzarlo con un abbraccio.

Fiume Lamone al tramonto

venerdì 5 febbraio 2021

Quando una nuova famiglia si presenta per portare il bambino al nido, oltre a sottolineare l'entrata nella comunità del bambino, con tutto ciò che comporta la relazione, la condivisione di spazi e giochi e attenzioni, sono le regole. Una comunità, un gruppo per funzionare, per dare a tutti  spazi e tempi per crescere, conoscere e scoprire, ha delle regole. Per il nido, per  i bambini, come per le famiglie con cui si collabora, per la crescita di ogni bambino.

Limpido come l'acqua.....si potrebbe pensare. Ma non è così. Gli adulti stessi , pensando che i bambini non osservino o comprendano, si permettono deroghe alle regole in modo autonomo .

 Eppure le regole sono sempre esistite, nella comunità civile e religiosa, nelle società sportive, in qualsiasi tipo di gioco, di lavoro, nel commercio, nelle famiglie.

Le neuroscienze oggi ci dicono che una famiglia con un positivo sistema di regole e la capacità di immedesimazione dei genitori nelle emozioni dei figli , portano quest'ultimi a crescere più tranquilli e sereni. E ci dice anche che il cervello, con i "paletti", produce ormoni della calma e benessere.
Un neonato si guarda intorno, per vedere il mondo come funziona. Più passa il tempo e più osserva, più si comporta in base a ciò che vede:" basta urlare e la spunto, sputo ciò che mangio cosi decido io quello che voglio, visto che me lo chiedono decido tutto io ...." attenzione perché una persona , anche un bimbo, si crede onnipotente. I risultati li scopriremo quando diventa adolescente.
Lo scopo delle regole è proteggere, crescere nell'autoregolazione, nel benessere.




 Soprattutto oggi, anche con i social e il tempo che i bambini "spendono" abbandonati a se stessi o addirittura incentivati dagli adulti stessi, perché così " sono impegnati e si divertono" ....ha detto una mamma davanti ad una mia osservazione.
Come un fiume ha bisogno di argini, per arrivare al mare, per crescere autonomi e indipendenti, oltre all'affetto e al volersi bene servono educazione e regole.
Ma stabilito ciò, va ricordato quante e quali e soprattutto come devono essere le REGOLE:
limitate, ad esempio a tre anni ne possono recepire e rispettare 6 o 7;
concrete, " riordina subito" dipende a chi viene detto , ma se si invita  a mettere le costruzioni nel proprio contenitore è più chiaro, oppure " tra un pò vai a letto", meglio "finito il cartone , a letto";
semplici e positive , " vi ho detto di non fare a botte", meglio " gioca con tua fratello";
condivise tra genitori e coerenti con la vita della famiglia.
Chiaro che ci sono anche i gesti provocatori e di sfida, e quello è il momento che il bambino ci mette alla prova e chiede, a modo suo, qual è la cosa giusta da fare.

Come pure le regole non rispettate, soprattutto dopo i sei anni, viaggiano con sanzioni, stabilite insieme.
Un altro aspetto è l'attenzione ai ricatti " se mangi tutto ti do la cioccolata", ma anche NO, non se ne esce più. I NO fanno crescere, basta avere interiorizzato, come genitore, la regola e non cedere ai capricci. La fermezza e l'autorevolezza sono basilari.
"L'autorità è importante, abbiamo sbagliato a calpestarla: significa aver idee precise, intervenire e imporsi, rimanendo però su un piano affettivo. Non è il comando secco, da caserma.
Un figlio deve sentirsi dire: non posso accettare quello che hai fatto, ma sono qui, ti voglio e ti vorrò sempre bene. Tutto si svolge all'interno di una relazione di sentimenti"
 Vittorio Andreoli- psichiatra e scrittore