E' importante dare tempo ad ogni cosa: tra queste al primo posto il parlarsi.
Per questo ci vuole tempo....far formulare la domanda o un racconto, oppure il racconto di un emozione al proprio figlio, prestandogli attenzione, vuol dire avere pazienza, vuol dire non interromperlo per velocizzare il tutto, vuol dire fargli sperimentare suoni e parole da condividere per imparare e crescere.
In questi ultimi tempi sono aumentati i bambini che usufruiscono di trattamenti logopedici, probabilmente anche per questo, più raro il dialogo, meno uso della parola, all'interno della casa.
Si parla con qualcuno perché si desidera avere un contatto, un dialogo che può partire da un sorriso, un abbraccio, ma soprattutto con la voce.
Quando a scuola un bambino "esplode", fa i capricci, piange, un metodo utilizzato è farlo sedere per calmarsi, prendere respiro. La maestra si accomoda vicino a lui, cercando di essere all'altezza del suo sguardo, cercando di contenerlo, se necessario o attendendo che torni la tranquillità. Dopo qualche minuto il bambino può essere pronto all'ascolto e al racconto, delle sue emozioni, del perché la rabbia e il pianto. In quel momento si possono introdurre o riparlare di limiti, di regole del gruppo.
In quel momento il bambino ascolta," assorbe", come sempre, ogni nostra emozione e parola.
Rimangono appese nella sua persona, nel suo interesse, e nel tempo forse , diventano competenze.
Al di là delle varie motivazioni scientifiche e culturali, subito viene in mente a quanto tempo passano i bambini davanti a tv o al cellulare , ai social ecc. " perché cosi stanno fermi, non disturbano, passano il tempo.
Nel colloquio per l'inserimento al nido del figlio di 11 mesi, il genitore, ha colloquiato per 45 minuti con l'educatrice, avendo in braccio il bimbo che giocava con i video del cellulare.
A questo proposito inserisco una frase, che mi piace molto, della pediatra Claudia M .Gold " tenere il bambino nella mente", guardare con gli occhi di un bambino , e capire cosa è giusto per lui, in quel momento
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